“La vita riserva tante cose brutte ma ci fa anche dei regali. Non bisogna mollare”.
E Pietro, nato a Roma 53 anni fa, non molla.
Divorziato, niente figli (li avrebbe voluti ma la moglie ha avuto un tumore all’utero poco dopo sposati), un’infanzia segnata da un padre alcolizzato e violento, una separazione difficile, un periodo di dipendenza dalla droga dopo la fine del matrimonio, una sorella morta pochi mesi fa.
Ma, oggi, il dolore più grande è vedere che anche la madre anziana, di cui si prende cura, è caduta vittima dell’alcol.
Però Pietro non molla.
“Mi fa male vederla così. E’ sempre stata forte, battagliera. Ci ha cresciuto lei perché mio padre era continuamente ubriaco e la menava pure. Ci hanno sfrattato cinque volte, perché non pagava l’affitto. Ci staccavano la corrente e lei ci rassicurava perché avevamo paura”.
“Ha fatto di tutto per non farci mancare nulla, una marea di sacrifici, andava a servizio, puliva le scale”.
Adesso i ruoli si sono invertiti. “Il mio timore è non riuscire a starle dietro. Devo stare attento a quello che fa: pur di bere non prende neanche le medicine e ha 79 anni. La sera, dopo che sono stato tutto il giorno fuori per lavoro, ho paura a tornare a casa perché non so come la trovo. Parla a vanvera…è una pena. Mi è anche successo di doverla ripulire tutta”.
Ad averla buttata a terra è stata la solitudine. “Prima di venire a Campagnano, aveva sempre abitato a Roma, dove faceva portierato, aveva un sacco di relazioni, sapeva tutto di tutti”.
“Qui invece non conosceva nessuno. Si è trasferita nel 2010, quando è morto mio padre. Si è trovata proprio sola e abbandonata”.
Per farle compagnia Pietro le ha preso un cane. “Me lo ha consigliato la psicologa. Così, per darle qualcosa da fare. Ma non ha funzionato. Gli vuole bene però il vino non lo lascia”.
Pietro sorride. “E ora mi tocca accudire pure il cane”.
Ironia e buonumore non gli mancano. “Magari una sera torno a casa e trovo ubriaco pure lui”.
Immersi, però, in tanta amarezza. “Ormai sono rassegnato. Se non si vuole essere aiutati non c’è niente da fare. Però io non l’abbandono, non la lascio sola”.
“Quando gli chiedo se ha bevuto, risponde di no, che non è alcolizzata, che, al massimo, si è fatta un bicchiere. Purtroppo chi cade nella droga o nell’alcol non lo ammette mai. Diventa bugiardo. E pensare che proprio lei, quando suo padre (mio nonno) anche lui alcolizzato, le chiese un po’ di vino mentre era ricoverato in ospedale, diventò una furia e fracassò il bicchiere. Ma quando gli dico che sta diventando come lui, dice che non è vero, nega tutto”.
“E invece bisogna avere il coraggio di non mentire a se stessi”.
Una verità che Pietro ha imparato sulla sua pelle.
Otto anni fa, dopo aver perso il lavoro, Pietro era entrato in depressione e aveva cominciato a fare uso di stupefacenti. “Vivevo n Sardegna perché mia moglie (eravamo ancora sposati) era sarda e dopo un anno di matrimonio aveva insistito che ci trasferissimo vicino ai suoi genitori. Io lavoravo a Roma, per una ditta che metteva parquet ma, per accontentarla, ho accettato di spostarmi”.
“Anche in Sardegna ho continuato a lavorare per un’azienda che metteva parquet. Guadagnavo bene e ci siamo comprati anche una casetta: il 50% l’ho pagata io e l’altro 50% mio suocero”.
Ma innovazione tecnologica ed evoluzione dei materiali modificano la situazione.
“Nel 2013 è arrivato il parquet prelavorato ed è cambiato tutto: l’azienda prima ha iniziato a licenziare e poi ha chiuso”.
Rimasto senza un lavoro fisso, Pietro cerca comunque di darsi da fare, con traslochi, chiamate a giornata e qualsiasi altra cosa gli capita. “In Sardegna è diverso da qui, se non sei sardo non lavori”.
A casa i rapporti familiari peggiorano. “I miei suoceri cominciarono a dire che non avevo voglia di fare niente, che ero un disgraziato, un morto di fame. Insistevano che mi lasciasse”.
Pietro chiede alla moglie di vendere la casa e tornare a vivere a Roma, dove era convinto di riuscire a trovare più facilmente un’altra occupazione. “Ma il valore della casa si era dimezzato e lei non voleva allontanarsi dai suoi genitori. Però non voleva neanche trovarsi un lavoro”.
“Quando guadagnavo bene non serviva che lavorasse. Però, dopo che mi avevano licenziato, era diventato necessario. Le difficoltà economiche erano enormi: non riuscivamo a fare la spesa, a pagare le bollette”.
Pietro si sente in un tunnel e comincia far uso di droghe. “A un certo punto, però, mi sono reso conto che stavo toccando il fondo e ho detto basta”.
Quindi si rivolge al medico, aderisce a un programma di cure che segue scrupolosamente ed esce dalla dipendenza.
“Sono orgoglioso di avercela fatta. Il medico che mi seguiva mi fece i complimenti per come avevo rispettato tutte le prescrizioni”.
In questo periodo difficile Pietro può comunque contare sull’aiuto della moglie. “Mi è stata vicina, mi accompagnava al Sert e per un anno non ha detto nulla ai genitori. E’ stata carina”.
Finita la cura i problemi tornano. Anche per la moglie di Pietro non è facile. Non può avere figli perché dopo un anno di matrimonio ha dovuto subire un’operazione per asportare un tumore alle ovaie. Ha perso una sorella morta in un incidente aereo, un bimotore precipitato durante l’atterraggio.
“Ma i genitori invece di aiutarci me l’hanno messa contro. E quando hanno ottenuto il risarcimento dell’assicurazione (una cifra importante) è stato peggio. Le hanno detto che l’avrebbero mantenuta loro, che ci avrebbero pensato loro, che era inutile stessimo insieme perché tanto figli non ne avremmo avuti”.
Il problema è che per ingenuità o eccesso di fiducia Pietro ha fatto un errore. “Avevo intestato la casa a lei, anche se la metà dei soldi per comprarla l’avevo messa io e l’altra metà mia suocero. Mi avevano detto di non preoccuparmi, che tanto era uguale, perché saremmo rimasti insieme tutta la vita. E io ci avevo creduto. Avevo fiducia”.
“Ancora non capisco. E’ passata dall’amore all’odio più totale. Forse è stata la depressione”.
Pietro e la moglie si separano e nel 2015. Pietro torna a Roma senza nulla (“Ho dovuto lasciare tutto anche i mobili. Me ne sono andato con una scarpa e una ciavatta”) e va a vivere insieme con sua madre.
“Quando sono arrivato stavo malissimo. Mi ha salvato la Caritas”.
“Venivo per essere aiutato e mi hanno chiesto di dare una mano per il banco alimentare. Ho detto subito di sì. Mi è sembrato di tornare indietro, a prima di sposarmi, quando negli anni ’80 e ’90 facevo volontariato alla stazione Termini. Erano stati anni belli. Mi è tornata la voglia, come allora”.
Ma i problemi restano. Innanzitutto economici.
“Ora faccio lavoretti, mi adatto a tutto quello che mi capita. La mia paura è non riuscire più a stare dietro a mamma”.
Poi ci sono i rapporti difficili con il fratello e la sorella. Un’altra sorella (la maggiore) è morta improvvisamente pochi mesi fa. “Ho dovuto pagare io il funerale con i pochi soldi che avevo messo da parte. Mio fratello non poteva perché aveva il mutuo, mia sorella più piccola ha detto che non aveva soldi. Adesso però si sta comprando una macchina nuova”.
Pietro però non molla.
“Mi sono anche riavvicinato alla fede. Quando mai andavo in Chiesa! L’avevo dimenticata. Non credevo più a niente”.
“A volte sento le persone dire che non ce la fanno più, che tanto tutto è inutile. Non è così. Riesco a lavorare, seguire mamma, venire in Caritas”. “Ho fatto un cambiamento enorme e ne sono orgoglioso”.